Proponiamo per intero l’intervista di Stefano Perrucci, delegato della Provincia per il marketing territoriale, rilasciata al sito NewsAgeAgro
PIACENZA – Calato il sipario sul Valtidone wine fest 2016, e sull’ennesimo successo della principale manifestazione dedicata al vino piacentino – e anche alla gastronomia – un’analisi sulle possibilità di sviluppo dei nostri brand e del territorio la propone Stefano Perrucci, delegato della Provincia per il marketing territoriale. Secondo Perrucci, fatta salva la formula dell’evento, occorre ora cambiare passo e far conoscere i nostri vini, e le altre eccellenze, a un pubblico più vasto. Perrucci lancia la sfida e invita tutti ad avere «progetti ambiziosi».
Lei ha partecipato alle quattro tappe del Valtidone wine fest. Che impressione ne ha ricavato?
«Ho visto partecipazione e consenso per ciò che veniva proposto, dal vino al cibo. E i più soddisfatti erano i visitatori che venivano da altre province, soprattutto i lombardi. Il Festival ha i suoi meriti, ma allo sviluppo della valle ha contribuito in modo fondamentale l’impegno dei viticoltori, con il loro patrimonio di conoscenze, professionalità e cultura. Il nostro patrimonio agroalimentare è stato valorizzato e ha calamitato molte persone dai territori limitrofi. Questo è importante, perché anche chi non è esperto può degustare vini e cibi stupendi».
Uno dei leit motiv che attraversa l’agroalimentare è la scarsa comunicazione e la capacità di far conoscere i nostri tesori. Con la sua delega al marketing, ha una ricetta?
«Ritengo che sia ora di portare i nostri vini di fronte a una platea più vasta. Il successo di ciò che è stato fatto finora, non tocca me testimoniarlo. I numeri, in crescita ogni anno, sono davanti agli occhi di tutti. Credo che sia il tempo di avere progetti ambiziosi. I nostri prodotti hanno una caratterizzazione forte. Per farla esprimere al meglio si deve puntare sull’aggregazione con un brand forte, lasciando da parte le divisioni, spesso basate su questioni di lana caprina o fuori dal tempo. Le imprese devono investire un po’, ma l’aggregazione potrebbe anche attrarre qualche investitore. Fatto questo, le eccellenze vanno comunicate nei luoghi giusti con eventi promozionali. Al di fuori di Piacenza, però».
Lei ha accennato agli investimenti. Dove si trovano i soldi per la promozione?
«La Regione ha stanziato diversi milioni per la comunicazione e la promozione dell’agroalimentare. E questa è una opportunità. Io, poi, sono un tifoso delle sinergie tra pubblico e privato. Ripeto, un progetto ben fatto potrebbe attrarre investimenti. Le alleanze tra produttori e trasformatori sono strategiche e dovrebbero servire per farsi conoscere all’esterno. Le cantine devono investire prima di tutto su loro stesse. Il rischio, altrimenti, è che il nostro vino non approdi sui mercati più grandi, ma rimanga confinato in una terra di nessuno, conosciuto solo da nicchie di esperti e dai piacentini».
Agroalimentare, festival, promozione. E il tasto dolente del turismo?
«Se il settore agroalimentare cominciasse a correre, di sicuro ne beneficerebbe anche il turismo. Le iniziative sul territorio affascinano i visitatori che restano incantati dalle vallate: dalla natura, dall’arte e dalla storia che contengono. Chi ci viene, poi ci ritorna. Magari ne tornerebbero di più se accanto ai prodotti tipici e alla qualità trovassero anche servizi, attenzione, informazioni».
Intervista rilasciata al sito NewsAgeAgro.it